Consiglio Regionale della Calabria, aprile/2003
Convegno "Donne e qualità dell'informazione"
intervento di Patrizia Labate
Questa sera mi è stato chiesto di trattare
l'argomento dal punto di vista di giornalista che si occupa prevalentemente del
settore della politica e sul come da donna posso cogliere in maniera diversa
l'impegno delle donne in questo settore.
Quasi subito, dopo la naturale
gavetta, ho iniziato a seguire le cronache dei consigli, da quello comunale e
via via anche quello regionale, raramente oggi mi trovo gomito a gomito con
colleghe donne, quasi sempre la diretta "competizione" avviene con gli uomini,
per cui ho spesso la possibilità di raffrontare il diverso approccio
dell'argomento di una donna rispetto all'uomo. Oggi nelle redazioni questo è un
tema affidato quasi esclusivamente agli uomini ed è raro che, se non in
situazioni che definirei quasi obbligate, le giornaliste se ne occupino. Dalla
mia breve esperienza e per i rapporti che con altre colleghe ho costruito in
questi anni cercherò di spiegare il perché di questa situazione. Infatti credo
che tutto ruoti attorno ad un interrogativo: (Le donne sono interessate, come
impegno primario, o di riflesso come è per chi come me svolge questa
professione, sono attratte dalla politica?).
Dicevo prima, occorrerebbe
chiedersi il perché del fatto che sono poche le donne giornaliste che seguono la
politica. Da una parte ci sono quelle che pur desiderandolo raramente sono messe
nella possibilità di farlo da decisioni prese all'interno delle redazioni, per
fattori oggettivi dunque non lo possono fare e questo deve fare riflettere. Può
significare che è un luogo comune da superare il fatto che una giornalista sia
più adatta a seguire la cultura oppure altri settori, senza nulla togliere ad
essi perché ogni ambito dell'informazione è importante.
Altre volte però
è per una scelta precisa che le donne si occupano di altri settori e questo a
mio avviso è strettamente collegato anche alla scarsa rappresentanza delle donne
in politica, sia dentro le istituzioni sia nei partiti. Ancora la politica è un
terreno estraneo alle donne, un terreno sul quale esse si avventurano
malvolentieri, e seguire la cronaca politica avvolte vuol dire venire a stretto
contatto con un ambiente che ha regole prettamente maschili, che è scandito dai
tempi degli uomini, che a volte richiede lo stare ad ascoltare per ore ed ore in
attesa che si raggiunga un accordo o un risultato concreto. Le giornaliste, per
il lavoro che fanno e se poi vogliono esprimere tutto nella sua vera essenza, in
qualche modo devono entrare in stretto contatto con quest'ambito, devono
immergersi in esso, insomma entrare in quelle logiche che non sono sempre
consone alla natura delle donne. In una recente ricerca dell'Eurispes presentata
mi pare lo scorso anno da questa commissione si legge: (Il risultato
dell'assenza delle donne dalla sfera della politica calabrese è frutto non solo
di un'esclusione ma anche di un'autoesclusione. Sono le sfere della cultura,
dell'educazione e della società civile che vengono privilegiate dalle donne e
che appaiono terreno privilegiato per la propria affermazione come individui. La
sfera politica, per converso, appare più vicina allo stato, richiede maggiore
protagonismo individuale). Per la nostra sensibilità, per la concretezza che
spesso ci contraddistingue, per l'organizzazione quotidiana del lavoro al quale
siamo abituate razionalizzando il tempo, è spesso difficile "perdere ore ed ore
con la politica, i cui tempi sono quasi un'eternità". Per chi fa la giornalista
significa anche adattarsi a questi ritmi, alle sedute consiliari che non si sa
quando iniziano e men che meno quando finiscano, cogliere la valenza politica
delle espressioni utilizzate dagli uomini politici che spesso dicono una cosa ma
ne sottintendono un'altra, che può essere capita solo con intuito e con la
conoscenza dei retroscena. Dallo studio dell'Eurispes emerge che (la politica
suscita nelle donne noia, lontananza, estraneità, appunto perché sorretta da
regole e tempi che cozzano violentemente con quello che noi siamo).
Insomma una situazione complessa per le donne chiamate a fare cronaca
politica, che non sono agevolate anche per la scarsa presenza delle donne nelle
assemblee elettive e negli apparati direttivi dei partiti.
Il nostro
lavoro è infatti caratterizzato dal dover in qualche modo rappresentare e
raccontare la realtà che si staglia sotto i nostri occhi. Ho letto la relazione
presentata oggi nella quale si dice che i media in qualche modo ostacolerebbero
ancora di più l'entrata delle donne in politica, anche perché spesso non si dà
voce ai contenuti che esse portano avanti ma si da più spazio alla loro
immagine. Dal mio punto di vista che curo la cronaca dei consigli per esempio è
drammatico che nei civici consessi, o nel nostro stesso consiglio regionale, non
si possa mai sentire l'intervento di una donna consigliera. In quel caso
neanchi'io posso riportare nulla che venga direttamente dal contributo al
femminile.
Tuttavia, nel modo di scrivere un articolo è chiaro che una
donna può sempre dare un tocco che è tutto suo, per la sensibilità di cogliere
l'interesse generale alla base di una decisione, o per essere portatrice di
unità e non di divisione. Spesso e volentieri, se c'è la possibilità, cerco di
cogliere i punti di condivisione fra maggioranza ed opposizione. Inoltre nella
misura in cui il compito dei media non è solo quello di informare ma è
comunicare. "Nel primo caso - dice il giornalista Sergio Zavoli - passano dati,
nel secondo si fanno largo i contenuti. Se informi parli per un altro. Se
comunichi parli con l'altro, e quindi dialoghi a dai dialoghi non si esce mai
indenni". Comunicare non è solo informare ma dare dei contenuti, quelli che
scaturiscono dal dialogo e dall'ascolto dell'altro, che per chi fa questo
mestiere è importantissimo. Spesso mi è capitato che diversi dei miei
interlocutori politici cerchino il confronto, lo scambio di idee con me, il
parere su un comunicato stampa prima che esso sia divulgato. Oppure se li ho
cercati io mi raccontano qualcosa in più sulle situazioni. E questo è dovuto
alla sensibilità e alla capacità di ascolto che hanno le donne. Spesso altre
donne con le quali mi sono trovata in contatto mi hanno detto (gli uomini con
noi si raccontano), e più di una volta mi è capitato di raccogliere i loto
sfoghi ed i malcontenti. E credo che nel nostro lavoro, per quel conoscere i
retroscena della politica, costruire questo rapporto con i politici sia una
possibilità in più rispetto agli uomini per farlo meglio. Un qualcosa che può
agevolare.
Tante volte riscontrando questa quasi assenza delle donne
impegnate in politica, ma in generale dell'assenza ancora troppo evidente in
certi settori della vita pubblica, mi sono chiesta cosa posso fare con il mio
lavoro. Per un breve periodo ho coordinato la redazione reggina de "Il Domani",
e per esempio l'otto marzo dello scorso anno ho deciso di dedicare un'intera
pagina alle donne, ai contenuti delle donne, ed ho fatto raccontare la loro
esperienza sul campo a 4 donne fra cui una consigliere comunale e un'ispettrice
di polizia. Insomma non solo donne cornici, ma donne in prima linea.
Dal
confronto con questa consigliere comunale che poi non è stata rieletta ma oggi
coordina un partito è uscita una riflessione interessante.
Ve la
propongo: (La mia impressione di persona impegnata in politica è che la donna,
una volta fatto il proprio ingresso nel mondo del lavoro e del sociale, continua
a sentirsi protagonista a metà.
La risposta credo che debba venire dal
fatto che la donna, pur avendo conquistato ampi spazi nel mondo del lavoro e del
sociale, non ha ancora conquistato la dimensione politica. Da questa assenza
della donna in politica nascono le contraddizioni in cui le donne si dibattono
nel tentativo di conciliare le esigenze della famiglia con quelle del lavoro e
dell'impegno sociale.
Non basta dichiarare una condizione iniziale di
pari opportunità, quale leale atto di partenza per quel che riguarda
l'educazione, l'istruzione e il lavoro, ma occorre garantire tutto il percorso
che ne deriva, incidendo sulla struttura stessa della società.
Se questo
è il traguardo di una società moderna, il modello di società non può essere
disegnato senza il contributo attivo delle donne.
Si sa poi che la
politica non si svolge soltanto nei partiti e nelle istituzioni: ha una
dimensione politica anche tutto ciò che si vive nella società civile,
nell'associazionismo, nell'economia. Occorre che le donne recuperino questa
consapevolezza.
La donna, già presente nel mondo del lavoro e del
sociale, può costituire un ponte privilegiato del dialogo che fa scaturire i
programmi dalla collaborazione tra società civile e politica. Si tratta dunque
di non abdicare, di rivendicare con forza la legittimità del nostro agire
politico, rafforzate anche dalla fiducia che l'efficacia delle proprie azioni è
moltiplicata dall'impegno di tutte le altre donne. La vera politica autorevole
di cui la nostra società ha bisogno non è il luogo del potere, ma del servizio
alla comunità, che fa diventare il cittadino, uomo o donna che sia, soggetto
attivo, che concorre assieme alle istituzioni per il benessere. La
partecipazione delle donne non sarebbe quindi un "di più" della politica, ma la
sostanza stessa della vera politica).
La donna dunque dev'essere sempre
più cosciente e consapevole di quello che rappresenta e del contributo che ella
può dare alla società in generale e alla politica in particolare. E questo non
per essere un di più rispetto all'uomo, ma un qualcosa di diverso, del cui
contributo tuttavia non si può fare a meno, se non si vuole correre il rischio
di confermare quanto ho sentito dichiarare di recente: (Il fatto che poche donne
siano elette nei vari consessi calabresi è segno di una politica conservatrice
che non investe nelle innovazioni). E mi piace ricordare una frase, una frase
che è di Chiara Lubich, fondatrice di un movimento internazionale, quello dei
focolari, con la quale ella riscontra e riconosce un genio femminile: (il "genio
femminile" è frutto dell'alta capacità che la donna ha, più dell'uomo, di saper
amare ma anche di saper soffrire). Per l'alta capacità di sacrificio che ci
contraddistingue e per la concretezza innata possiamo di certo dare il nostro
apporto, che sortirà un risultato di gran lunga superiore se ogni donna
diventerà alleata delle altre, e se le potenzialità che abbiamo non vengono
vissute come competizione ma si mettono insieme, per una collaborazione che
possa imprimere in maniera decisiva e definitiva la nostra impronta nella
società. Affinché il genio femminile ci aiuti, perché no, a renderla migliore,
trasferendo nella politica quello che siamo e in cui crediamo. Solo così potremo
"fare notizia" nei media in modo diverso, e qualitativamente migliore, rispetto
a quello che oggi avviene.