Bescia, 5/4/2003 e Milano, 6/4/2003
"Famiglia, mass media e società: percorsi incrociati"
incontro "Famiglia, mass media e società"
intervento di Nedo Pozzi
LA FAMIGLIA OGGI
Mi sembra
opportuno iniziare questa conversazione con una precisazione a proposito di
famiglia. Quando si tenta di definirla, almeno all'interno delle società
complesse come quella occidentale, ci si accorge che si tratta di una realtà che
ognuno è in grado di riconoscere e identificare nel vissuto, ma per la quale
ogni definizione suona parziale, insufficiente, relativa.
La famiglia è una
realtà sociale multidimensionale, che risente profondamente delle concezioni
religiose ed etiche, dei modelli antropologici e culturali di chi la osserva.
Essa, infatti, cambia volto, estensione e senso a seconda del particolare punto
di vista da cui la si guarda.
Tuttavia la difficoltà di individuare nella
realtà sociale odierna un unico tipo di famiglia non significa che, almeno a
livello ideale, non sia possibile affermare che esiste un modello famiglia in
grado di garantire meglio delle altre quelle funzioni, per l'individuo e per la
società, che sono universalmente riconosciute come sue caratteristiche.
Quali
sono queste caratteristiche? Possono essere rilevate individuando le funzioni
che la famiglia ha svolto, svolge o dovrebbe svolgere sul piano individuale e
sociale. Sinteticamente esse sono:
· soddisfare il bisogno psicologico di
dare/ricevere amore, sicurezza, nello stare insieme, nella con-vivenza; bisogno
esercitato nella sessualità che frutta la procreazione (nell'asse coniugale) e
la reciproca educazione (nell'asse intergenerazionale);
· realizzare in modo
più completo il Sé di ciascuno;
· costruire un mondo, ovvero un orizzonte di
significato in cui inscrivere i singoli frammenti che formano l'esperienza
dell'esistenza;
· partecipare attivamente alla funzione di riproduzione del
sistema sociale, sia a livello della conservazione della specie che della
cultura sociale;
· partecipare come protagonista alla vita di detto sistema
sociale in tutte le sue dimensioni.
Naturalmente ci sono altre
definizioni della famiglia, nascenti da altri percorsi culturali. Possiamo
citarne almeno due: quella propria dell'ideologia liberale, che vede la famiglia
come comunità d'affetti fondata sulla libertà del sentimento e sulla privacy,
spazio libero per i valori individuali, in contrapposizione alla società che è
spazio esterno e pubblico;
quella marxista, che considera la famiglia
strumento di trasmissione (attraverso la continuità di sangue) della proprietà
privata (o della sua assenza, che è lo stesso) e dell'accettazione delle norme
sociali (attraverso l'interiorizzazione dell'autorità paterna).
Possiamo dire
che, sotto sotto, tutte queste definizioni possono considerarsi in certo modo
visioni diverse da diverse prospettive di un'unica realtà che tutti vorrebbero
che la famiglia fosse.
VERSO LA SOCIETÀ
La famiglia è la
prima forma sociale con cui l'uomo entra in contatto quando nasce, ma è anche la
prima radice della società, o meglio è generatrice di socialità. Del resto, già
Cicerone la definiva 'principio della città e quasi semenzaio dello
Stato.
Secondo la paleo-antropologia, già gli uomini primitivi univano le
famiglie per costituire gruppi maggiormente in grado di sopravvivere e di
occupare il territorio. Nei secoli poi le varie civiltà hanno sviluppato diversi
modelli famigliari.
Non è questo il luogo per una ricerca simile, che poi
andrebbe differenziata paese per paese, cultura per cultura, secolo per secolo…
Una ricerca infinita.
Siamo quindi costretti a parlare di noi, partendo al
massimo dal nostro ieri.
La Rivoluzione Francese (tanto per fissare un
paletto) ha segnato l'avvento della concezione laica della famiglia e il codice
napoleonico detterà al mondo le linee maestre di un'organizzazione familiare
intesa come nucleo elementare e essenziale dell'organizzazione dello stato,
tutt'oggi pressochè intatte.
Morte della famiglia? C'è stato chi ha pensato
che la famiglia non fosse indispensabile alla società (Platone, Kibbutz, Comuni
del sette-ottocento, Società comuniste XX secolo ecc.). Anche recentemente si è
parlato di morte della famiglia, soffocata dall'ambiente scientifico
tecnologico. Succede sempre quando vengono meno forme particolari di famiglia.
L'era industriale, ad esempio, si può dire che abbia in certo modo
ricacciato la famiglia nel privato, mentre si affermavano a livello sociale i
poteri economico - imprenditoriale - sindacale. E ancora oggi, politica,
cultura, arte, tendono a privilegiare l'individuo, eredità della cultura
liberale. La famiglia è spinta in un processo di privatizzazione che le toglie
visibilità.
Ma negli ultimi decenni qualcosa sta decisamente cambiando: da
una parte, la nascita dell'associazionismo familiare ha fatto crescere una
coscienza più precisa dei diritti-doveri della famiglia; dall'altra, i centri
del potere politico si sono via via resi conto che la famiglia, mentre può
integrare e sostituire lo Stato nelle sue deficienze di servizio sociale,
associandosi può divenire prezioso interlocutore di base e orientatore delle
politiche sociali.
La "nuova cittadinanza" della famiglia rappresenta appunto
la presa di coscienza di questo processo, non soltanto in nome dei valori di cui
è portatrice, e che restano fondamentali per ogni società (dalla solidarietà
alla capacità di mediare e superare la conflittualità), ma anche in
considerazione dei guasti non solo personali bensì pure sociali che
deriverebbero, come di fatto derivano, dalla sua crisi o addirittura dalla sua
disgregazione (con costi economici e soprattutto umani giudicati insostenibili
da tutte le società industriali avanzate).
I MASS MEDIA
Sul
finire dell' '800 intanto, aveva iniziato ad apparire sulla scena sociale un
nuovo protagonista, che poteva essere l'ideale "medium" di relazione per la
società, tra le sue varie componenti, e tra la famiglia e la società: i mezzi di
comunicazione sociale. La stampa, la radio, il telefono, il cinema, la TV, i
new-media... ed è una apparizione che non ha finito di manifestarsi. La nascita,
la crescita e l'esplosione dei mezzi di comunicazione di massa è lo specifico
dell'era moderna. Si tratta di una autentica nuova rivoluzione che lascia
presagire, nel disegno evolutivo dell'umanità, il costituirsi, per così dire, di
un "biosistema nervoso" che, analogamente a ciò che esso realizza nel corpo
umano (pulsione istintiva all'unità delle varie parti fino all'auto-coscienza
della singola individualità), immette nell'umanità una tensione inarrestabile
dalla complessità all'uno, alla ricerca dell'unità interna in tempo reale,
abbattendo ogni barriera di spazio e tempo.
Per quanto questa 'ipotesi umanÀ
possa sembrare ardita e suggestiva, l'evolversi delle situazioni non la
contraddicono, pur evidenziando sempre nuovi rischi e pericoli.
Rischi e
pericoli perché?
Noi oggi viviamo avvolti inesorabilmente dalle maglie sempre
più fitte di una rete di rapporti comunicativi assolutamente nuova nella storia
dell'uomo. È impossibile vivere isolati. Anche nella famiglia, la privacy ha
cambiato qualità, perché siamo continuamente sollecitati da impulsi, immagini e
messaggi che contemporaneamente coinvolgono milioni di altre famiglie. L'offerta
di informazione è enorme, eppure sembra manchi sempre l'informazione adeguata,
costruttiva, per cui in casa è facile la mancanza di intesa tra generazioni.
Basta poco per accorgersi di aver perso la capacità di comunicare.
I media
non sono neutrali sul piano dei valori e dei modelli di comportamento che
veicolano, in rapporto alle relazioni familiari. Essi sono qualcosa di più e di
diverso da un puro mezzo tecnico, che si possa usare o meno, in un modo o
nell'altro.
Dal momento che esistono, essi possono solo incrementare le
comunicazioni, e possono farlo solo in certi modi e non in altri. Essi
sostituiscono e modificano la comunicazione familiare.
ALCUNE
INTERAZIONI TRA MASSMEDIA E FAMIGLIA
I campi di interattività tra
mass-media e famiglia sono infiniti. Sarebbe importante che ognuno di noi si
aggiornasse e documentasse in questo campo. Per le dimensioni di questa
conversazione vorremmo però soffermarci brevemente su alcune situazioni
particolarmente significative per la comunicazione familiare.
Cominciamo
con le "news".
Tra ciò che accade e quello che effettivamente il pubblico
capta di ciò che accade, vi è una lunga serie di intermediari che funzionano da
canali di messaggio, ma influiscono tutti sulla qualità della notizia e sulla
relazione tra polo emittente e polo ricevente.
Tutti gli agenti che entrano
in gioco (informatori, agenzie di stampa, proprietà del media, redazioni,
giornalisti, diffusori...) hanno, più o meno, la facoltà di mettere in circolo
la notizia o tacerla, di darle un taglio o un altro, di metterla in luce o in
ombra. La sola scelta delle notizie (tra le tante disponibili) con cui riempire
le pagine di un quotidiano o la scaletta di un telegiornale, è una inevitabile
restrizione pregiudiziale della verità. Anche prescindendo da manipolazioni
volute, l'organizzazione professionale dell'informazione si svolge sempre nel
quadro e sotto l'influsso del corredo culturale e del contesto politico del
comunicatore.
Ciò premesso, risulta evidente come sia opportuno che i
messaggi mediali vadano accolti con vigile senso critico e diversificazione
delle fonti, e come sia indispensabile una etica della comunicazione.
Ma
oltre a questo, ci sono anche limiti e rischi legati alla tipologia del media.
Prendiamo ad esempio in esame due media ormai inevitabili nella vita della
famiglia: la televisione ed il personal computer.
Il mezzo che è diventato
quasi il simbolo dei media domestici, è la Televisione. Tra tutti i media, è
quello che quasi naturalmente sembra fatto sulla misura del nucleo famigliare,
come un interlocutore discreto e affascinante in grado di intrattenere
contemporaneamente tutti i membri della famiglia. Attiva 24 ore su 24, spesso
accesa automaticamente come sfondo discreto delle faccende domestiche, la TV
però continua a creare uno spazio nuovo, diverso dal nostro spazio fisico o
interiore, nel quale tenta sempre di aspirarci. È uno spazio dove i ritmi
veloci, le musiche, il linguaggio, le atmosfere, impastano insieme tutto: la
notizia drammatica, la sfilata di moda, lo spot pubblicitario, i fatti di una
famiglia, i gol della domenica di calcio... Chi ascolta, ha anzitutto la
convinzione di poter in qualsiasi momento uscire dal suo influsso; ma viene
sempre più distolto dalla convivenza e trasformato in consumatore di notizie
fatte spettacolo. L'ambiente reale, abitato da persone concrete, moglie, marito,
figli, sfumano in secondo piano. In certo modo diventano irreali, si guardano
con occhi spenti. Quasi appaiono ostacoli all'immaginario che in quel momento ha
preso il posto della nostra interiorità.
Momenti sempre più lunghi e
sistematici vissuti in questo "territorio dell'irrealtà" finiscono per svuotare
i rapporti, inibirci la capacità di entrare in relazione con le persone
vere.
L'esplosione della nuova comunicazione sistemica coincide con
l'implosione della comunicazione familiare, che diventa vuota, perde di valore e
di sostanzialità.
La TV finisce per sostituirsi all'altro, che dovrebbe
essere il nostro vero spazio.
La copertina del n.8/1982 del periodico
americano Newsweek riportava una grande scritta: "Home is where the computer
is", "La casa è là dove c'è un computer".
Sul simbolo stesso della famiglia
(home), luogo di rapporti umani legati dall'amore, alza la sua bandiera uno
strumento sofisticato di informazione e servizio. L'idea che la famiglia sia
pura comunicazione (idea tanto cara a certa cultura americana), non poteva
essere più esplicita.
Che la comunicazione elettronica sia sorgente di
democrazia, rimane un mito tecnologico finora smentito dai fatti. La Rand
Corporation, una grande multinazionale, in una ricerca durata dieci anni, ha
assodato che la comunicazione informatica non influisce sull'abbattimento delle
barriere gerarchiche, ma tende a rafforzare i legami sociali preesistenti. A
risultati identici sono pervenute la IBM e altre grandi aziende.
La
comunicazione elettronica non è, in sé, un fattore di trasformazione in senso
democratico delle organizzazioni. Essa gestisce una materia scottante come
l'informazione, il cui controllo dà legittimità a decidere in ogni struttura. Il
top-manager è colui che sa. Per questo può comandare, e ciò facendo elabora ed
interpreta l'informazione per tutti.
I personal computer sono in grado di
offrire un paradigma di inediti rapporti tra famiglia e media: non più solo
fruizione passiva, ma l'invito a gestire la produzione dell'informazione, la
creazione di una nuova realtà.
La frontiera avanzata infatti dei new-media si
chiama "realtà virtuale". Essa viene descritta, dai suoi teorizzatori, come un
"appagamento pulsionale altrimenti non permesso a livello corporeo". La
scomparsa della fisicità nella tecnologia virtuale, grazie alla possibilità di
simulare, amplificare e replicare esperienze vissute convertendole in esperienze
possibili, porta alla ribalta dinamiche psichiche profonde che hanno inevitabile
ricaduta sulla dimensione fisica dell'esistenza e sulla relazionalità
familiare.
Varie sono le problematiche sollevate: il tuffarsi continuo in un
mondo virtuale non provoca forse disadattamento sempre più marcato alla realtà,
perdita di identità, senso di autosufficienza, incapacità di
socializzare?
Fino a che punto è libero un individuo che si muove all'interno
di un mondo virtuale? La libertà di muoversi e di agire è determinata dai dati
inseriti da chi ha concepito il modulo virtuale. Questo significa che esso,
dando l'illusione della libertà, obbliga chi la vive a restare all'interno di
una volontà predefinita.
PER UNA NUOVA QUALITÀ DELLA VITA FAMILIARE
È evidente, dai pochi cenni fatti, che tra famiglia e mass-media il
rapporto non può essere naturalmente idilliaco o poggiato su un feeling
costituzionale: in realtà hanno spesso fini antitetici e dinamiche
contrastanti.
La soluzione non può essere quella di ignorare questi nuovi
strumenti, ma di cercare una comprensione obiettiva e critica del fenomeno
mediatico. È come una grande sorgente di energia comunicativa e di relazionalità
a disposizione. Occorre domarla e inserirla nei circuiti del progetto familiare,
usandone per migliorare la qualità della vita, per aprire nuove dimensioni alla
socialità, per aumentare l'umanità dei membri della famiglia.
I mezzi
elettronici, le immagini, le informazioni che entrano in casa devono entrarci in
un certo modo, acquistando un senso che è dato dalla tensione ideale della vita
familiare.
Alcune indicazioni programmatiche:
- usare i media
selettivamente per specifici bisogni, attivando nuove motivazioni e competenze
per una distribuzione equilibrata del tempo delle attenzioni verso l'una o
l'altra forma comunicativa;
- attenzione a non de-materializzare il codice
simbolico che sostiene la famiglia, la quale è fatta sì di affetti e contenuti
valoriali, ma in parti uguali anche di corporeità e fisicità. L'astratta
spiritualizzazione della famiglia è l'equivoco su cui giocano i manipolatori dei
media, per farne un luogo simbolico, impalpabile di gratificazioni e di consumi
individualistici;
- sviluppare una forma familiare che sia soggetto della
propria salute, facendo dei media uno strumento di reciprocità, di apertura
all'esterno, per creare nuove reti di solidarietà;
- tendere ad incorporare
nella famiglia i new-media non individualisticamente, come succubi di un potere
lontano ed occulto, ma come reti sociali o raggruppamenti a scala locale di
nuclei familiari, capaci di attivare tra loro una relazionalità che scende alla
solidarietà più concreta.
CONCLUSIONI
Il rapporto di forze
tra famiglia e mass-media è impari: troppo debole essa appare davanti allo
strapotere dei processi di colonizzazione che i centri di comunicazione
sistemica avviano senza soste.
Eppure la famiglia possiede in sé stessa una
auto-referenza ideale che nessuna istituzione statale o imprenditoriale
possiede. Questo le dà una gamma di potenzialità ed una flessibilità vitale che
può farla riemergere intatta da ogni bombardamento mediatico.
La salute del
tessuto sociale dipende dalla qualità della famiglia. Quindi sarebbe dovere
delle istituzioni creare un habitat idoneo per essa. Ma l'esperienza ci dice
quanto lontana sia questa preoccupazione dalle emergenze della comunità
politica, così come è utopico attendersi attenzioni o trasformazioni risolutive
da parte dei padroni dei mezzi di comunicazione.
Però quanto accade nella
famiglia non può essere indifferente alla comunità. La privatizzazione dei
valori familiari dovrebbe lasciare il posto al processo inverso, cioè
all'assorbimento, da parte del tessuto sociale, dei valori fondanti la
famiglia.
Ma la famiglia, che deve fare?
Quando due si sposano, spesso li
si consiglia di privilegiare anzitutto il loro rapporto per i primi tempi,
lasciando gli amici e le frequentazioni di prima, per andare a fondo nel dialogo
e nella conoscenza reciproca. Sarà un consiglio saggio? Certo, spingere due
giovani appena sposati a dialogare tra di loro è cosa buona. Devono abituarsi a
comunicare anche in profondità. Però il chiudersi non serve a niente, se non in
casi particolari.
L'intimità non coincide con la chiusura, ma ne è in un
certo senso proprio l'opposto. Sembra un paradosso, ma la vera intimità crea
l'unità tra i due, e l'unità è la massima apertura, perchè è la massima
accoglienza dell'altro in un dono totale di sè. È un valore dell'essere, non del
‘farÈ, del possedere, e l'essere ha la sua parola che dice ‘umanità’.
Mounier
ha una espressione bellissima per sintetizzare il concetto: "Il privato vissuto
intensamente, diventa pubblico".
Ma come trasformare un fatto privato in
evento sociale? È un problema di qualità; delle qualità dell'amore autentico,
che sono varie: la gratuità, la fedeltà, la tensione all'unità e a far emergere
la positività dell'altro e, appunto, la socialità, quasi facce di un diamante
che è tale se le ha tutte.
Quindi la dimensione sociale dell'amore di coppia
nasce dall'amore stesso tra uomo e donna ed è all'origine dell'apertura della
famiglia. Che non è qualcosa che si aggiunge ad un certo punto della vita, ma è
un 'naturalÈ sviluppo dell'esperienza famigliare, una conseguenza della verità
dell'amore. Ed è lo specifico che la famiglia deve portare alla società e che la
società attende dalla famiglia.
Il positivo o il negativo della famiglia è
sempre in ricaduta nella società. Quando un bambino a scuola va male, dietro c'è
sempre un disagio famigliare, che si allarga a macchia d'olio. Mentre un padre o
una madre, che portano sul posto di lavoro o nell'ambiente professionale la
positività e la ricchezza di un rapporto famigliare creativo, si fanno
costruttori di socialità, assorbitori di tensioni negative, semi di solidarietà.
La famiglia oggi sa che esiste perché dà, e perché mutua nello scambio
con le realtà sociali contenuti, prospettive e valori della sua presenza. La sua
apertura sociale nella forma più ampia, è il miglior antidoto al rischio di
auto-referenzialità con conseguente ripiegamento involutivo su se
stessa.
Questi postulati di "nuova famiglia" che stanno emergendo, sono anche
frutto di semi sparsi da tempo nel pensiero contemporaneo. Si pensi a Mounier,
si pensi a maestri del "pensiero positivo" come Lévinas, Fromm, Buber, Jonas,
Ricoeur.
È come una realtà nascosta in seno al divenire dell'umanità, che
preme nei cuori, nelle coscienze, nei sensori di politici, pensatori,
costruttori del sociale.
"Il segno di profezia di una famiglia così - questa
è una bella frase di Campanini - nei confronti della società, sta nel proporre
con forza, all'interno di un mondo dominato dall'efficienza e dal consumismo, il
significato dell'inutile (tra virgolette). Nulla è più inutile (tra virgolette),
dell'amore. Esso non edifica ponti né produce automobili, non trova posto nella
bilancia commerciale nè concorre a determinare il reddito nazionale. Ma è
appunto dell' apparentemente inutile che il mondo oggi ha bisogno. Testimoniare
questa apparente inutilità, mostrarne e rivelarne tutta la fecondità, la forza e
la capacità critica, è il servizio eminente che può rendere al proprio tempo,
quel segreto microcosmo che è la coppia dove vive l'amore...". Un certo tipo di
amore, aggiungo io.
Stando a questi sociologi, insomma, nel futuro
riuscirà a sopravvivere solo una famiglia di grande idealità, capace di vivere
insieme e di farsi carico del bisogno dei deboli, tesa all'unità con le altre
famiglie, capace con la sola presenza di inoculare positività nel tessuto
sociale , capace di usare i media senza esserne usata.
In quest'ottica, la
famiglia si pone quasi generatrice della società.
La società ne è quasi
figlia, vive dei suoi valori, ne espande ed incarna i contenuti nelle strutture
culturali e sociali.
Famiglia e società interagiscono attraverso le vie e le
reti dei media.
I percorsi di famiglia, mass media e società, così, non sono
parallele che non s'incontrano mai se non per ostacolarsi. Sono percorsi che
s'incrociano per scambiarsi idee e vissuto, per diffondere una inondazione
valoriale che accresce il nostro tasso di umanità.
Come sta succedendo
oggi, qui, in questo incontro.