Ogni giornalista che si accinge a raccontare l’ennesimo episodio della triste saga delle migrazioni sa, o dovrebbe sapere, che ha davanti a sé una responsabilità importante: magari il suo articolo è solo una goccia nel mare dell’informazione, digitale e non, ma la chiave di lettura che sceglie per narrare i fatti, insieme alle parole, le fonti e il punto di equilibrio fra posizioni diverse, hanno la possibilità di influenzare l’immaginario del suo pubblico. E promuovere una visione allarmistica e di pericolo, nutrita di pregiudizi e diffidenza, oppure un’apertura all’accoglienza e alla solidarietà.
Ecco allora che la questione del “come” narrare attraverso i media il fenomeno delle migrazioni forzate si fa particolarmente decisiva, in Italia e in Europa: l’enorme e continuo flusso di migranti che cercano di entrare via terra e via mare nel vecchio continente, in fuga da guerre, violenze e terrorismo, richiede da parte di tutti i Paesi UE l’assunzione di una più stringente responsabilità, e quindi l’adozione di un approccio sistemico e l’individuazione di soluzioni non emergenziali ma strutturali. Obiettivi che i media possono e devono spiegare e promuovere.
L’obiettivo è quello di promuovere una TV “a colori” dove accanto ai “bianchi” occidentali possano trovare sempre maggiore spazio persone di altre etnie e culture, dalla pelle di un colore diverso, africani o asiatici, ancora poco rappresentati e sempre relegati in ruoli marginali, negativi o stereotipati.
È il cuore della petizione indirizzata al ministro per la Cultura Dario Franceschini e al Direttore Generale della Rai Antonio Campo Dall’Orto e lanciata sul portale change.org (https://www.change.org/p/per-una-televisione-a-colori ).
Da un lato la domanda del vescovo di Ascoli, Mons. Giovanni D’Ercole: «E adesso che si fa?». L’ha rivolta a Dio e l’ha condivisa coi presenti ai funerali di Stato celebrati nella palestra della città marchigiana dove si è dato l’ultimo saluto a 35 delle quasi 300 vittime del terremoto che ha interessato il centro Italia il 24 agosto. Dall’altra la promessa del capo di Stato, Sergio Mattarella, intervenuto alle esequie con le altre massima autorità, e ripetuta anche personalmente nell’abbraccio offerto ai parenti che circondavano le bare distese al centro della palestra: «Non vi lasceremo soli».
Una domanda e una promessa che anche noi del Movimento dei Focolari in Italia abbiamo fatte nostre fin dall’inizio di questa tragedia, alle 3:36 della prima scossa, e che ancora oggi ci interpellano mentre il mutare delle situazioni suscita necessità e richieste nuove. Ad animarci un moto interiore molto forte: ci è venuta in mente una nota meditazione di Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari, scritta il 20 settembre 1949: «Ciò che mi fa male è mio. Mio è il dolore che mi sfiora nel presente. Mio il dolore delle anime accanto. Mio tutto ciò che non è pace, gaudio, bello, amabile, sereno… Così per gli anni che mi rimangono: assetata di dolori, di angosce, di disperazioni, di distacchi, di esilio, di abbandoni, di strazi, di… tutto ciò che è Lui. (…) Così prosciugherò l’acqua della tribolazione in molti cuori vicini e, per la comunione con lo Sposo mio onnipotente, lontani». Un testo che in questi decenni ha ispirato innumerevoli risposte d’amore ai dolori dell’umanità, nelle piccole e grandi tragedie, nei piccoli e grandi dolori di ogni giorno. Così anche questa volta.
Il tema è di quelli da primo piano: come favorire l’integrazione in Italia dei migranti in fuga da guerre e miseria. Ma i giornali lo trattano sommariamente inseguendo una politica stanca, svogliata e un po’ scontata, come da copione in queste ultime giornate d’agosto. Diversamente da ciò che fanno alcuni giovani artisti, che proprio l’arte, la poesia, la musica e la comunicazione visiva hanno scelto come veicolo di conoscenza e condivisione con i loro coetanei migranti.
Il progetto si chiama “Synopsis, uno sguardo di insieme” e muove da una sorta di “brain storming” artistico: si comincia da uno stimolo comune e ciascuno, a partire dalla propria esperienza, offre un contributo canoro, teatrale, una poesia, un testo da musicare o una storia. Ne deriva un insieme di pezzi eterogenei mescolati tra loro, una sorta di contaminazione inedita dove si fondono in un insieme originale forme espressive ed artistiche diverse, e diverse storie, culture, lingue, tradizioni, talenti, abilità.
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