«I media fabbricano false notizie. Stanno diventando pazzi con le loro teorie cospirative e il loro odio cieco. Msnbc e Cnn sono inguardabili. Fox è grande». È uno degli ultimi tweet del presidente Trump, che si scaglia contro i media usando proprio un medium per denunciarli. Contraddizione in termini? Forse. In realtà si direbbe piuttosto che i media siano ormai necessari, anzi indispensabili, alla politica. Ma i media stessi senza la politica trasformata in teatrino diventerebbero poca cosa.
Nel 1967 Guy Debord, uno studioso francese un po’ lunatico e sballato, ma visionario e futurista, marxista e strutturalista, pubblicò un libro rimasto famoso tra gli studiosi di comunicazione: La société du spectacle, la società dello spettacolo. Sosteneva esattamente quel che poi è avvenuto: i media avrebbero trasformato il teatrino della politica in un gran circo per le folle.
Il caso, tutto romano, dell’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini, “smascherato” da un giovane giornalista de La Stampa che ne ha raccolto le critiche sulla giunta capitolina di Virginia Raggi, richiama qualche riflessione generale sull’etica della professione giornalistica.
I quotidiani hanno parlato della vicenda (che alimenta le polemiche sulla giunta a 5stelle, già colpita da inchieste e avvisi di garanzia) quasi mettendo in luce l’abilità del cronista – precario e dunque particolarmente sollecito – nel carpire informazioni “bollenti” e opinioni scomode, e lo stesso è emerso dal dibattito sui social, fra colleghi e lettori. Nessun coro di trionfo – stando almeno alle nostre osservazioni – ma l’apprezzamento più o meno velato per un’intraprendenza che ha conquistato lo “scoop”.
Lo scoop, ovvero scovare e pubblicare una notizia relativamente importante prima degli altri: un obiettivo quasi mitico, inafferrabile e irraggiungibile, soprattutto nell’era della condivisione digitale. Un obiettivo che a tutti i giornalisti in erba, fin dalle scuole di formazione e nei primi passi all’interno delle redazioni, viene presentato come la gallina dalle uova d’oro, il traguardo che merita il bonus, il premio o magari l’avanzamento, talvolta il feticcio a cui sacrificare la deontologia professionale. Per carità, nessun docente vi dirà mai di farlo, ma qualche direttore, forse, vi esorterà ad osare.
È un quadro in chiaroscuro il IV Rapporto dell’ Associazione Carta di Roma sul racconto delle migrazioni attraverso i media. Dal titolo “Notizie oltre i muri” il monitoraggio effettuato dall’Osservatorio di Pavia, in collaborazione con l’Osservatorio europeo per la sicurezza, rileva luci e ombre nella narrazione che nel 2016 giornali e tv, italiani e non solo, hanno fatto del fenomeno delle migrazioni forzate, del dibattito politico che si è sviluppato a livello nazionale e internazionale, delle politiche e delle iniziative di accoglienza e integrazione come dell’ondata di populismo che si è diffusa in Europa. Un quadro che mostra ampie possibilità di cambiamento.
Se “le enormi correnti migratorie che attraversano lo scenario mondiale di oggi non costituiscono soltanto un fenomeno geopolitico, economico o antropologico ma anche un fenomeno mediatico in cui si gioca la battaglia per l’identità e la sovranità”, allora “il giornalismo avrebbe il ruolo fondamentale di offrire quell’informazione chiara, vera e più completa possibile che permetterebbe alla società di conoscere ed accogliere le nuove realtà senza demonizzarle”. Così Cristina Montoya, sociologa della comunicazione all’ Istituto Universitario Sophia , introduce il quinto incontro del progetto “Giornalisti e migrazioni”, promosso da Netone insieme al Gruppo Editoriale Città Nuova e al Movimento dei Focolari.
Svoltosi a Beirut, capitale del Libano, presso il Mariapolis Centre di Ain Aar, dal 24 al 27 novembre scorso, l’incontro è stato l’occasione per rinnovare la proposta di un nuovo modello di giornalismo, definito “dialogico”: un approccio all’informazione che individua nuovi obiettivi per il racconto mediatico e nuovi metodi, e che si propone come “antidoto” ad una informazione stereotipata, parziale, emozionale e distorta.
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